La nostra storia

La Storia

Il poeta Virgilio , viaggiando con gli amici Orazio e Mecenate da Roma a Brindisi nell'anno 37 a.C., sostò nella villa di Cocceio, posta alle balze del Monte Taburno. Ebbe così modi di apprezzarne la particolare vocazione alla coltivazione dell'olivo, tanto che nelle posteriori Georgiche, dopo aver raccomandato di abbinare con sapienza i suoli e le piantagioni, conclude con i celebri versi "L'Ismaro giova rivestir di vigne, Ed il Taburno popolar d'ulivi."

Il Poeta, percorrendo l'antica Via Appia, non poteva vedere ne sapeva che sull'altro versante del Taburno il popolamento dell'ulivo era già realtà. Esso era stato introdotto dalla colonia Romana inviata pochissimi anni dopo la cocente umiliazione delle Forche Caudine che i Sanniti avevano inflitto all'esercito di Roma, nell'anno 321 a.C.

I Romani iniziarono ad impiantare ulivi dalle balze meridionali del Monte S. Michele, ottimamente esposte come quelle del Taburno ammirate da Virgilio. Essi introdussero la sistemazione a gradoni, nelle zone dette coste, e gli scati, ossia scasso profondo e ben drenato favorevole alla radicazione e all'alimentazione delle piante.

Successivamente i Longobardi introdussero il nostro olio nella loro alimentazione ed apprezzarono in particolare le olive conciate per la mensa. Le piante divennero molto preziose e tali vennero stimate anche durante le dominazioni dei Normanni e degli Svevi.

Nel 1180 la giovane Sichelgarda Bernerico sposa Giovanni Berteraimo e porta in dote unum pedem de oliva.

Il decisivo incremento alla selezione ed alla diffusione dell'ulivo lo diedero quattro grandi Abbazie Benedettine-S. Maria della Grotta, S. Sofia di Benevento, S. Maria di Montevergine, S. Vincenzo al Volturno- che ebbero vasti possedimenti nel nostro territorio a partire dal 750-800 dopo Cristo.

I Pedicini

I Pedicini derivano il cognome dall'antico castello di Pedicino, il cui territorio sul Gran Sasso è oggi in gran parte sommerso dal lago artificiale di Campotosto. Quando l'Imperatore Federico II di Svevia fondò la città di l'Aquila, dispose che gli abitanti di 99 castelli del circondario aquilano, tre cui Pedicino, si spostassero dentro le mura della nuova città. Federico II donò ai suoi fedeli molte terre, anche nell'area del Taburno ed in tal modo vi giunsero i Pedicini e vi restarono anche dopo la fine della dominazione sveva, con la sconfitta a Benevento di Manfredi, immortalato da Dante.

Agli inizi del 1400 alcuni Pedicini sono proprietari di terreni confinanti con i benedettini di S. Maria della Grotta, nella zona oggi detta Oliveto a Foglianise.

Da lungo tempo sono protagonisti del processo di selezione della varietà di piante, dei metodi di coltivazione, potatura, raccolta e molinatura che hanno prodotto il nostro olio.

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